sabato 25 novembre 2017

Recensione: Era il mio migliore amico

Titolo: Era il mio migliore amico
Autore: Gilly Macmillan
Editore: Newton Compton
Pagine: 336
Prezzo ebook: 2,99
Prezzo cartaceo: 10,00

Descrizione:
Noah Sadler e Abdi Mahad sono due amici inseparabili. Per questo motivo, quando il corpo di Noah viene trovato in un canale di Bristol, il silenzio di Abdi è inspiegabile. Perché non parla? Il detective Jim Clemo è appena tornato dopo un congedo forzato che l’ha allontanato dal suo ultimo caso e la morte di Noah sembra l’incidente perfetto con cui tenerlo occupato. Ma ben presto quello che sembrava un gioco tra ragazzi finito molto male si trasforma in un caso che accende il dibattito pubblico: Noah è inglese, Abdi un rifugiato somalo. La tensione sociale, la paura e la rabbia cieca degenerano velocemente a Bristol, mentre le due famiglie combattono per ottenere le risposte che cercano. Non sanno quanto sarà lunga la strada per capire che cosa è successo davvero, né sono preparate all’orrore che dovranno affrontare. Perché la verità spesso può fare molto male…

La recensione di Miriam:
Il corpo di un adolescente viene ripescato da un canale di Bristol, è ancora vivo ma in coma e non si sa se si risveglierà. Il suo nome è Noah Sadler e non era solo al momento della caduta, con lui c’era il suo migliore amico Abdi Mahad. Basterebbe interrogarlo per sapere con esattezza cosa è successo, per capire se il ragazzo è stato vittima di un incidente o di un’aggressione, ma da quando è successo il fatto si è chiuso in un silenzio inespugnabile, forse causato dallo shock.
Viene allora ingaggiato il detective Jim Clemo affinché faccia luce sulla vicenda. Si tratta di un caso toccante, essendo in pericolo una giovane vita, e che scuote l’opinione pubblica scatenando il dibattito poiché l’unico testimone, quello arroccato nel silenzio, è un rifugiato di origini somale. L’ipotesi che sia stato il ragazzino straniero a spingere il compagno in acqua inizia a circolare fra la gente, mentre la stampa ci ricama su, fomentando l’odio razziale.
La famiglia di Abdi, tuttavia è pronta a scommettere sulla sua innocenza: i due ragazzi si volevano bene, erano inseparabili e nessuno dei due avrebbe mai fatto male all’altro.
Quale sarà la verità?
L’autrice ci prende idealmente per mano e ci guida alla sua scoperta, non solo attraverso le indagini poliziesche che finiscono quasi in secondo piano, quanto attraverso il racconto della stessa vittima. È Noah che, mentre è in coma, ripercorre la sua storia cominciando dall’inizio, o meglio dalla fine della sua vita da ragazzino “normale”. Tutto per lui è cambiato il giorno in cui ha scoperto di avere un tumore e pochi mesi da vivere. A quel punto avrebbe potuto disperarsi e accettare la compassione dei compagni, ma non lo ha fatto. Ha preferito tenere il segreto e provare a sfruttare al meglio il tempo a sua disposizione. Ha scritto una lista di cose importanti, quelle da fare assolutamente prima id morire, bruciando le tappe, se necessario, ed è proprio in quell’elenco che, in parte, si annidano le risposte che ora tutti cercano.
Era il mio migliore amico è un thriller insolito: ci pone di fronte a un presunto crimine e ruota intorno alla soluzione di un mistero ma tutto ciò sembra quasi un pretesto, una cornice di cui l’autrice si serve – in maniera peraltro intelligente e accattivante – per raccontarci qualcosa di diverso, una storia che va oltre il fatto di cronaca. Dal suo letto d’ospedale, Noah prova a farci capire cosa significhi per un ragazzo nel fiore degli anni ricevere una sentenza di morte, guardare i propri coetanei e sapere di non poter diventare adulto con loro, osservare il mondo intorno nella consapevolezza di poterne avere solo un assaggio fugace. È un’esperienza dura, la sua, che tocca e nello stesso tempo fa riflettere parecchio sul senso della vita.
Dall’altra parte c’è Abdi, una sorta di capro espiatorio per la massa, un ragazzino non scevro da paure e fragilità, avendo un passato duro alle spalle. Aggirando il suo silenzio, grazie al racconto del suo migliore amico che ci parla tanto di lui e ce lo fa conoscere, ma anche attraverso le testimonianze dei genitori, della sorella, degli insegnanti, entriamo nel merito di una seconda storia, dal sapore attualissimo, che tocca il tema dell’immigrazione e dell’integrazione.
Non è suspense che si respira leggendo questo romanzo, non è la curiosità di scoprire come si sono svolti i fatti a fare da mordente, pur avendo l’impostazione di un thriller non fa leva sui classici elementi che caratterizzano il genere, ma punta più sull’introspezione, regalandoci il ritratto di una bellissima amicizia interrotta da un brutto male.
Scardinando qualsiasi supposizione e aspettativa, lo stesso finale colpisce come un pugno allo stomaco, non tanto perché la soluzione del giallo è imprevedibile quanto perché ci sbatte in faccia con rinnovata forza una verità difficile da metabolizzare.



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