mercoledì 21 febbraio 2018

Review Party: Lo chiamavano Gladiatore di Andrea Frediani e Massimo Lugli


Buongiorno cari follower,
oggi vi proponiamo un nuovo Review Party, dedicato a Lo chiamavano Gladiatore di Andrea Frediani e Massimo Lugli (Newton Compton).
Un insolito thriller storico che, oltre a tenervi con il fiato sospeso, vi stupirà.

Titolo: Lo chiamavano Gladiatore

Autori: Andrea Frediani, Massimo Lugli
Editore: Newton Compton
Pagine: 384
Prezzo ebook: 2,99
Prezzo cartaceo: 10,00

Descrizione:
Roma, I secolo d.C., sotto l'imperatore Tito.
Aurelio fa fallire l’impresa che gli ha lasciato il padre e, minacciato dagli usurai, è costretto a farsi schiavo per i troppi debiti. Finisce così in una scuola di gladiatori: ha talento nell’arena, ma deve fronteggiare la rivalità dei compagni. Un aiuto gli arriva da Clovia, una donna senza scrupoli che, grazie a una misteriosa pozione, ha trovato il modo per potenziare le doti atletiche dei combattenti su cui scommette…
Roma, giorni nostri.
Valerio si è innamorato di una prostituta ed è determinato a liberarla dai suoi protettori. Da quando è finito sul lastrico, rovinato dal suo socio in affari, però, non ha più un soldo e l’unica sua fonte di guadagno sono i combattimenti clandestini di arti marziali. Per sopravvivere in quel mondo spietato, sarà costretto a ricorrere a soluzioni più estreme…
E questo, per quanto strano possa apparire, legherà il destino di Valerio a quello di Aurelio, vissuto duemila anni prima. Per entrambi i combattenti, dietro l’angolo si nasconde l’insidia che potrebbe distruggere le loro vite.

La recensione di Miriam:
Due uomini sul lastrico sono i protagonisti dell’originalissimo romanzo firmato da Andrea Frediani e Massimo Lugli. Gli sventurati non sono soci e nemmeno si conoscono, del resto non potrebbero giacché Aurelio Cecina vive nel I secolo d.C e Valerio Mattei è un nostro contemporaneo. In comune hanno il fallimento, una montagna di debiti che non sanno come ripagare e l’urgenza di trovare una via d’uscita da una situazione che li sta annientando. Questo è il sottilissimo ma robusto filo che gli autori utilizzano per creare un collegamento fra due storie dislocate nel tempo, che potrebbero benissimo reggersi anche autonomamente. Lo chiamavano Gladiatore, in effetti, si offre al lettore come un insolito contenitore letterario in cui trovano spazio due trame, all’apparenza indipendenti. L’accostamento, tuttavia, non è casuale né tantomeno forzato, anzi rappresenta la cifra distintiva e anche il punto di forza dell’opera, poiché genera un risultato davvero interessante. La vicenda di Aurelio e quella di Valerio si inseriscono in un ideale gioco di specchi, l’una sembra riflettere l’altra, deformandola attraverso la lente del tempo. Si parte da uno stesso incipit, il disastro economico, per poi assistere a un duplice sviluppo del plot, l’uno collocato nell’Antica Roma e l’altro ai giorni nostri.
Nonostante il divario di secoli, i due protagonisti compiono un percorso simile, nel tentativo di garantirsi la risalita. Aurelio si consegna a un lanista e decide di diventare gladiatore, sperando di ripagare i suoi debiti e ricomprarsi poi la libertà attraverso le vittorie nell’arena. Valerio, appassionato ed ex praticante di arti marziali, si invischia nel giro dei combattimenti clandestini, contando di risollevare così le sue sorti economiche.
Nell’uno e nell’altro caso si tratta di due soggetti che si improvvisano, che si lanciano in un mondo a loro sconosciuto, con tanto coraggio ma anche un pizzico di incoscienza, forse sottovalutando i pericoli cui vanno incontro o sopravvalutando le proprie capacità.
Entrambi si ritroveranno catapultati all’inferno. Aurelio dovrà fare i conti con la durezza degli allenamenti cui non è abituato, con le regole impietose e le privazioni che la vita nel ludus comporta, ma anche con l’ostilità degli altri gladiatori che lo considerano un intruso, e reputano quasi un affronto il fatto che abbia rinunciato volontariamente alla libertà per combattere, giacché loro la inseguono come il bene più grande.
Valerio si ritroverà, invece, nelle grinfie un boss malavitoso e da lì letteralmente gettato su un ring che, in barba a tutti i principi e ai valori su cui si reggono le arti marziali classiche, non riconosce regole e non ammette limiti: un autentico carnaio in cui ci si picchia senza pietà, spesso fino all’ultimo respiro.
In un certo senso, il contesto in cui viene catapultato Valerio è il corrispettivo moderno dei giochi gladiatori, una sorta di trasposizione nel presente di qualcosa che siamo soliti associare a un’epoca ormai remota. La sensazione che se ne ricava è proprio quella di un passato che non è rimasto confinato indietro ma ha attraversato la storia, trasformandosi e riattualizzandosi.
Altro elemento ad accomunare i due protagonisti sono le figure femminili, sia per Aurelio che per Valerio ci sarà una donna a segnare un importante punto di svolta nella vicenda. Per il primo si tratterà di una matrona, Clovia Materna, che lo prenderà sotto la propria ala (protettiva?) decidendo di farne il suo campione allo scopo di arricchirsi; per il secondo sarà una prostituta, Helena, di cui si innamorerà perdutamente e che gli fornirà un ulteriore scopo per cui combattere: guadagnare anche la sua libertà.
Entrambi si imbatteranno in un’antica leggenda celtica che sembrerà mostrare loro una via d’uscita, a un certo punto però le loro strade virtuali si separeranno per consegnarci due epiloghi radicalmente diversi  ̶  per altro tali da soddisfare anche gusti contrastanti.
Utilizzando due registri linguistici differenti, che ben si adattano ai periodi storici di riferimento, e tenendoci sulle spine con un ritmo incalzante, Frediani e Lugli ci garantiscono una lettura ricca di pathos e suspense, tale da tenerci inchiodati alla pagina. Uno dei thriller storici più innovativi che mi sia mai capitato di leggere, un esperimento ardito che a mio avviso colpisce nel segno, veicolando nel contempo un messaggio intramontabile: difficilmente un successo autentico e duraturo ammette facili scorciatoie.










venerdì 16 febbraio 2018

Recensione: Il Libro di LIbri

Titolo: Il Libro di Libri
Autore: Paolo Lanzotti
Editore: Armando Curcio
Pagine: 174
Prezzo: 10,96

Descrizione:
Luca è un ragazzo di 15 anni che ha da poco perso il padre. La perdita l'ha scosso parecchio, portandolo a rifiutare la normale vita di un adolescente. Un giorno entra per caso in una libreria e viene quasi costretto apprendere in prestito un volume speciale: il Libro di Libri. Il volume ha la particolarità di avere le pagine completamente bianche e di rivelarsi solo a chi è davvero interessato a conoscere la storia che contiene. Luca comincia a leggerlo con l'intenzione di scoprire il trucco. Ma, poco a poco, suo malgrado, la storia lo prende. Iniziano così due vicende che s'intrecciano fra loro, due avventure apparentemente lontane ma che si ritrovano ad avere tanto in comune.

La recensione di Miriam:
I giovani non hanno voglia di leggere. Che sia un luogo comune o la verità, è un’affermazione ricorrente. Ma se, per una volta, fosse il contrario? Se fossero i libri a non voler essere letti?
Il Libro di Libri funziona proprio così: si rifiuta di essere letto da alcune persone, le sue pagine appaiono bianche a chi non è davvero interessato alla sua storia, solo un lettore sinceramente curioso può accedere ai suoi contenuti segreti.
Luca, un adolescente che non ama affatto leggere, si imbatte nel volume per caso. Da poco ha perso il padre, la mamma è dovuta andare all’estero per lavorare e lui è stato momentaneamente affidato ai nonni. Chiuso nel suo dolore, si è isolato: non esce, non incontra nessuno, si mostra sempre triste e apatico. Trascorre le sue giornate chiuso in camera a giocare con la Playstation. Preoccupato per lui, il nonno tenta di spronarlo a uscire e distrarsi proprio privandolo del suo passatempo preferito. È così che Luca, alla ricerca di fumetti con cui sostituire i videogame per ingannare il tempo, finisce in una strana libreria, nelle grinfie di uno libraio eccentrico e scorbutico che lo sfida offrendogli in prestito un libro magico. La lettura per lui non ha alcuna attrattiva, ma quando l’uomo gli svela il segreto di quel volume e gli dà una piccola dimostrazione di come funziona, nel ragazzo scatta il desiderio di svelare il trucco, perché solo di questo può trattarsi.
L’avventura decolla quando il Libro di Libri accetta di farsi leggere da Luca e le sue pagine cominciano a riempirsi di parole. È a quel punto che la vera magia si manifesta perché, leggendo, il protagonista si ritrova catapultato in una sorta di mondo parallelo: il Bosco Nero.
L’incipit non è originalissimo, escludendo alcune piccole differenze, ricalca quello de La storia infinita di Ende. Nell’uno come nell’altro caso c’è un tomo magico che dischiude le porte su un altro mondo e i lettori finiscono per identificarsi con i protagonisti del racconto in cui sono proiettati. Le similitudini fra le due opere, però, si fermano qui perché le vicende racchiuse nei due libri fatati sono molto diverse fra loro, in comune conservano solo la loro valenza simbolica, la capacità di far vivere ai due giovani che lo leggono un’esperienza formativa, impartendo loro importanti insegnamenti per la vita.
Nel Bosco Nero, Luca vede un ragazzino della sua stessa età e con il suo stesso nome, che incontra un lupo, Apul. Quest’ultimo per ricambiare un grosso favore ricevuto dall’umano, gli fa un bizzarro regalo: lo trasforma in un suo simile e gli concede l’opportunità di vivere in quei panni per una settimana. In questo modo potrà vivere un’esperienza unica, sfuggendo alla noia di un’estate deludente.
La storia che prende vita nel bosco ha tutto il sapore di una favola classica, ci incanta con le sue atmosfere e le numerose peripezie cui il protagonista va incontro in veste di lupo e nello stesso tempo ci spinge a fare alcune considerazioni importanti, osservando la nostra stessa vita da una prospettiva diversa. In realtà è proprio questo che la bizzarra esperienza di lettura regala a Luca, e di riflesso a noi. Calandosi nei panni del ragazzo/lupo, non solo potrà fare un’esperienza straordinaria e ricca di avventura ma avrà occasione di riflettere sulla sua condizione, sul lutto che non riesce a elaborare, sul suo modo di relazionarsi agli altri, ricavandone insegnamenti preziosi al fine di affrontare il futuro con una nuova forza e una nuova consapevolezza.
Tra le altre cose, nel bosco, costretto a faticare per procurarsi da mangiare e a patire la fame quando la caccia va male, Luca imparerà a non dare per scontato quello che ha, a cominciare dal cibo che non manca mai sulla sua tavola; scoprirà che i lupi non sono tutti cattivi, come gli hanno fatto credere, e che il pregiudizio allontana dalla verità; imparerà che avere coraggio non significa non avere paura, ma affrontarla.
Leggere, per lui, sarà come affrontare un viaggio, in un mondo immaginario ma anche e soprattutto dentro se stesso; un percorso a volte difficile, a volte divertente, fitto di gioie e dolori, al termine del quale si riscoprirà diverso, più maturo e più aperto nei confronti degli altri.
Sfruttando con maestria la magia del fantasy e la forza comunicativa della metafora, l’autore confeziona un romanzo senza età, perfetto per i lettori più giovani ma godibilissimo anche per gli adulti. Una bellissima fiaba che mette in luce i veri valori della vita e nello stesso tempo sottolinea l’importanza della lettura, mostrandoci che un libro può essere molto di più di un insieme di pagine imbrattate d’inchiostro, può farci sognare e, allo stesso tempo, può aiutarci a comprendere la realtà che ci circonda; può farci arrabbiare, spaventare, sorridere, ma può anche farci compagnia, sostenerci, consigliarci, proprio come un amico vero.







martedì 13 febbraio 2018

Recensione: Riesenwurm

Titolo: Riesenwurm
Autore: Federico Lunardi
Editore: Robin
Pagine: 187
Prezzo: 12,00

Descrizione:
Porto di Shanghai. Un maldestro elettricista in trasferta di lavoro finisce sfortunatamente imprigionato in un container, all'interno del quale viaggia fino a raggiungere una regione remota, sperduta in qualche punto dimenticato della carta geografica. Raccolto in fin di vita da un gruppo di soldati che non parlano la sua lingua, è vittima di un terribile malinteso che lo conduce ai lavori forzati in un sinistro dedalo di gallerie. Lavoro duro e niente riposo, difficoltà di comunicazione, aria viziata, cibo schifoso, ma non solo. Le gallerie tremano, una minaccia silenziosa incombe sulla miniera, e cresce di giorno in giorno. Cos'è la poltiglia verdastra che i minatori sono costretti a raccogliere? Cosa infesta quell'oscuro labirinto? Per sopravvivere bisogna mantenere i nervi saldi ma, con schiavitù e paura a intorpidire la mente, basta un solo passo falso per precipitare nel baratro della follia. Come può un semplice elettricista, proiettato in un incubo terrificante, trovare il modo di salvarsi e tornare alla sua vita di sempre?

La recensione di Miriam:
Una banale giornata di lavoro: è quello che si aspetta il giovane protagonista del romanzo, quando approda al porto di Shangai in veste di elettricista. E fino all’ora di pranzo non ottiene altro che questo. È una piccola distrazione, una scelta poco ponderata a cambiare tutto precipitandolo in un vero incubo. L’uomo s’infila in un container aperto, giusto per cambiarsi la maglietta sporca prima di andare a mangiare con i colleghi, ma prima che possa uscirne, l’ingresso si richiude alle sue spalle. Inutile urlare e bussare contro il portellone: nessuno lo sente, probabilmente nessuno è già più nei paraggi. Dopo poco, infatti, il malcapitato scopre di essere in movimento, in viaggio per chissà dove.
Freddo, buio, sporcizia, solitudine (escludendo alcuni roditori invadenti e insidiosi), claustrofobia. Sono queste le sensazioni che riempiono la lunga, angosciosa, trasferta, insieme alla speranza di giungere quanto prima a destinazione, riconquistare la libertà e tornare a casa. Già perché un simile incidente non può che concludersi così… o forse no?
In realtà l’epilogo per lo sventurato è ben diverso. Quando la porta della sua prigione si apre, si ritrova in un luogo che non riesce a riconoscere, al cospetto di militari che non parlano la sua lingua e che non sembrano affatto amichevoli. Non gli prestano cure amorevoli né si interessano alla sua disavventura; al contrario, lo sequestrano e lo mandano ai lavori forzati.
Una specie di miniera sotterranea, piena di una strana poltiglia verde che odora di benzina: sarà questa la sua nuova “casa” per il prossimo futuro. Sarà qui che l’uomo, insieme a un gruppo di sconosciuti, anch’essi capaci di esprimersi solo in lingue che non conosce (eccetto uno cui si aggrapperà disperatamente), dovrà sgobbare e lottare per sopravvivere. La fatica fisica, l’aria pestilenziale, gli orari massacranti e le percosse non sono i soli ostacoli con cui dovrà confrontarsi perché in quei cunicoli sotterranei incombe un’altra minaccia. Qualcosa di orribile e letale, un orrore strisciante da cui difendersi per aver salva la pelle ma a cui guardare per ottenere le risposte che nessun altro sembra disposto a concedergli.
Se amate le storie in bilico fra horror e fantascienza, ricche di mistero e suspense, Riesenwurm è sicuramente pane per i vostri denti. Nello spazio di poche pagine l’autore riesce a calarci in pieno nei panni del protagonista  ̶  voce narrante in prima persona  ̶  facendoci percepire in maniera vivida il suo senso di oppressione, di solitudine, la sua paura e lo smarrimento. Sin dalle primissime righe cattura l’attenzione, creando un forte senso di attesa misto a disagio, legato all’impossibilità di presagire quel che accadrà.
La verità, agghiacciante, ci viene servita a piccole dosi, sicché la curiosità rimane altissima e, se possibile, cresce in maniera esponenziale man mano che si procede nella lettura.
Cos’è la poltiglia verde che i condannati ai lavori forzati devono raccogliere giorno dopo giorno? Chi sono i loro aguzzini? Perché il numero dei lavoratori diminuisce a ritmo vertiginoso e c’è un frequente ricambio? E soprattutto a cosa si devono gli scossoni che di tanto in tanto fanno tremare le gallerie mettendo tutti in fuga?
Sono solo alcuni degli interrogativi che scandiscono una vicenda da brividi.
Per ovvie ragioni non entrerò nei dettagli, lasciando a voi il piacere di scoprire quale segreto si nasconde in queste miniere dell’orrore e quali creature le infestano, vi anticipo solo che la scoperta vi sorprenderà non tanto per quel che la fantasia dell’autore ha partorito quanto per il messaggio che veicola. Il romanzo stupisce, intrattiene e regala scariche di adrenalina, ma nello stesso tempo si offre a una seconda chiave di lettura meno votata al divertimento e più impegnata. L’odissea del giovane deportato per sbaglio svelerà gradualmente una verità che chiama in causa un’invasione aliena e un progetto di sfruttamento messo a punto da chi governa il nostro mondo ma soprattutto metterà in evidenza la sconsideratezza e la stupidità di chi, accecato dalla smania di arricchirsi, finisce per mettere a repentaglio l’intero genere umano, compreso se stesso. Un atteggiamento questo che, se sganciato dal contesto fantascientifico in cui Lunardi lo colloca e ricondotto al nostro presente, acquisisce contorni fin troppo reali, offrendoci materiale in abbondanza su cui riflettere.
Mi sono ritrovato al centro di un affare grosso, redditizio, criminale” constaterà il protagonista giunto alla resa dei conti. “Quando si parla di certe cifre i diritti umani vengono messi da parte, altroché. Qualcuno, ai piani alti del palazzo, ha chiuso un occhio di fronte a certe cose. Ha sfruttato senza scrupolo una miniera d’oro caduta letteralmente dal cielo, mettendo a repentaglio la vita di molte persone e, temo, l’incolumità del pianeta stesso.”
Non vi suona paurosamente familiare?
Davvero un ottimo esordio coronato da un finale che personalmente ho apprezzato tantissimo perché, rinunciando al sollievo della speranza, sortisce l’effetto di un monito urlato a gran voce.








venerdì 9 febbraio 2018

Recensione: L'uomo di gesso

Titolo: L'uomo di gesso
Autrice: C.J. Tudor
Editore: Rizzoli
Pagine: 347
Prezzo: 20,00

Descrizione:
Guardandosi indietro, tutto è cominciato quel giorno alla fiera, con il terribile incidente sulla giostra. Il giorno in cui Ed, dodicenne, ha incontrato per la prima volta l’Uomo di Gesso. È stato proprio lui, l’Uomo di Gesso, a dargli l’idea di utilizzare quei disegni per i messaggi con il suo gruppo di amici. E all’inizio era uno spasso, per tutti. Fino a quando non è stato ritrovato il cadavere di una ragazzina. Ma sono passati trent’anni, e Ed pensava di essersi lasciato il passato alle spalle. Poi, per posta, riceve una busta: un gessetto, e il disegno di un uomo stilizzato. Certe storie non finiscono. Il gioco, per Ed e i suoi amichetti di un tempo, ricomincia da capo. L’Uomo di Gesso è di nuovo tra loro.

La recensione di Miriam:
Un’estate di molti anni fa, un gruppo di amici che scorrazzano nei boschi in sella alle loro biciclette. Eddie Munster, considerato un diverso per via dei suoi genitori anticonvenzionali; Gav La Palla, una famiglia tanto ricca da fare invidia e qualche chilo di troppo; Hoppo, senza padre, e per tutti il figlio sfigato della donna delle pulizie; Micky Metallo, il ragazzino con i denti di ferro, ma anche il fratello inetto del bullo del quartiere; Nicky, capelli di brace e sempre qualche livido da nascondere, è l’unica ragazza ma anche il vero maschiaccio della compagnia.
Se siete fan di Stephen King, sicuramente queste poche righe vi avranno provocato l’effetto di un déjà-vu. Devo ammettere che è proprio quello che ho provato cominciando a leggere L’uomo di gesso e che, inizialmente, mi ha fatto temere una grande delusione, perché il confronto con un capolavoro come It non si può reggere.
Tante sono le similitudini fra i protagonisti (impossibile non pensare a Ben Hanscom, incontrando Gav, o a Beverly Marsh imbattendosi in Nicky, solo per fare i due esempi più lampanti), ma le somiglianze non si limitano a questo. I boschi in cui i ragazzini vivono le loro avventure rievocano inevitabilmente i Barren, la banda dei bulli capitanati da Sean Cooper non può che ricordare Henry Bowers e compagni; e poi c’è la ripartizione della storia in due tempi. All’epoca dell’infanzia qualcosa di orribile accade, marchiando a fuoco un’estate che rimarrà impressa per sempre nella memoria e a distanza di trent’anni (intervallo di tempo familiare) i vecchi amici, che nel frattempo sono cambiati e si sono persi di vista (forse non vi sorprenderà che Gav sia dimagrito), si ritrovano a fare i conti con i fantasmi del passato. Sì, perché l’incubo è tornato. In questo caso non ha la faccia di un clown e non offre palloncini, si presenta sotto le mentite spoglie di un più sobrio omino disegnato con i gessetti, ma l’idea di fondo resta.
Pur trovando godibile la lettura, anche perché l’autrice ha uno stile molto accattivante e sa benissimo come alimentare la suspense, fino a circa metà libro sono rimasta scettica. Non riuscivo a condividere l’entusiasmo di chi ha acclamato questo come il thriller dell’anno perché mi sembrava di avere davanti la pallida imitazione di una storia già letta.
Andando avanti, tuttavia, ho avuto occasione di ricredermi, almeno in parte, perché quando si entra nel vivo del mistero che ruota intorno all’uomo di gesso, le similitudini con l’opera kinghiana, per fortuna, cominciano ad attenuarsi fino a perdersi. A un certo punto, il romanzo acquisisce una sua identità autonoma e devo riconoscere che è anche molto interessante.
L’incubo comincia quando un gioco ideato dai bambini su suggerimento di un insegnante, l’enigmatico signor Halloran, si trasforma in una sorta di macabra caccia al tesoro. Il gioco consiste nel comunicare con i propri amici utilizzando dei messaggi in codice tracciati a terra con i gessetti. Ogni giocatore usa sempre lo stesso colore cosicché gli altri, quando scovano un disegno, sanno chi sta cercando di comunicare con loro. Si tratta di uno scambio innocuo, un modo divertente per darsi appuntamento in un determinato posto o invitare i compagni a fare qualcosa di proibito, senza essere scoperti dagli adulti. La musica cambia però il giorno in cui dei disegni realizzati in un colore che nessuno del gruppo utilizza guidano i ragazzini alla scoperta dei pezzi di un cadavere sparpagliati nel bosco.
Chi è l’autore di quei messaggi e dei crimini che nel tempo si moltiplicano? A distanza di trent’anni nessuno sembra ancora saperlo.
Sebbene non manchino alcune sfumature horror, il mostro da stanare e combattere qui non ha nulla di soprannaturale. I delitti che reclamano una spiegazione e l’identificazione di un colpevole sono completamente radicati nella realtà e, fuori da qualsiasi metafora, ci parlano di una comunità chiusa, per molti versi bigotta, come quella di Anderbury, di atrocità commesse per paura, debolezza, fanatismo religioso, che mettono a nudo la fragilità umana.
Caratterizzando in maniera mirabile i personaggi, dipingendo un affresco vivido del luogo in cui la vicenda è ambientata e del periodo in cui si svolge (siamo nel 1986), la Tudor ci offre uno spaccato realistico di quella che può essere la vita in un paesino e dei segreti inenarrabili che può celare dietro la sua facciata puritana e perfetta, ma nondimeno ci guida negli abissi della mente umana, laddove alberga la follia.
Il confronto con l’uomo di gesso non segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta, come accadeva con It, ma nondimeno segna una tappa formativa importante nella vita dei protagonisti, richiamandoli alla responsabilità e mostrando loro che anche l’omissione può essere una colpa e può produrre spiacevoli conseguenze.




giovedì 8 febbraio 2018

Review Party: Senza movente di Flaminia P. Mancinelli

Buongiorno cari follower,
oggi vi proponiamo un nuovo Review Party, dedicato al giallo di Flaminia P. Mancinelli Senza movente (Newton Compton). 
Questa volta l'autrice ci sfida con ben due casi da risolvere, si tratta di delitti molto diversi fra loro ma che, in qualche modo, coinvolgeranno entrambi il capitano Nicola Serra.

Titolo: Senza movente
Autore: Flaminia P. Mancinelli
Editore: Newton Compton
Pagine: 320
Prezzo ebook: 2,99
Prezzo cartaceo: 9,90

Descrizione:
Nicola Serra, ora capitano dei Carabinieri di Roma, è in Bretagna in vacanza, presso la famiglia della sua compagna Marion Calvé. Insieme vogliono visitare l’abbazia di Mont Saint-Michel e la Normandia, ma il loro programma è rivoluzionato dalla morte di Jeanud Modan, amico di Annie Danton, una zia di Marion. La donna ne è sconvolta: per lei è una tragedia molto sospetta. A Roma, intanto, una grave circostanza complica ancora le vacanze di Nicola: nel suo appartamento muore per overdose una giovane donna che aveva una relazione con una collega di Serra, Sara Vittorini, che inizia a indagare sulla vicenda, per niente convinta sia stato un fatale incidente. La situazione precipita: in casa di Serra, vengono trovate delle dosi di cocaina ed eroina, e in Normandia scompare anche la zia Annie senza apparente motivo. Entrambe le vicende sembrano sfuggire a un chiaro movente, sia per la gendarmerie francese, cui Nicola Serra offre il proprio aiuto, sia per il nucleo dei Carabinieri di Roma, dove i colleghi del capitano iniziano a temere per la sua posizione all’interno dell’Arma. Ma niente è quello che appare, e ai primi crimini ne seguono altri, feroci, in un crescendo avvincente…

La recensione di Miriam:
È tempo di riposo per il capitano Nicola Serra. Dopo aver risolto con successo il caso delle catacombe, si reca a Kerarmar, un paesino situato fra Bretagna e Normandia, con la sua compagna Marion. L’idea è quella di godersi un po’ di relax, visitare l’abbazia di Mont Saint Michel, ma anche conoscere la famiglia della sua amata, nata e cresciuta proprio lì.
Purtroppo però, la gita non va secondo i piani. Giunti a destinazione, i vacanzieri, apprendono che è appena morto Jeanud Modan, caro amico di Annie Danton, zia di Marion. Tutti ritengono sia stato un tragico incidente ma l’anziana donna sospetta che si tratti di un omicidio. La situazione si complica quando la stessa Annie scompare senza lasciare traccia.
A quel punto Nicola, pur non potendo occuparsi del caso ufficialmente, decide di rimanere sul posto e di collaborare comunque alle indagini: del resto, ritrovare la zia di Marion è una questione personale.
I problemi, tuttavia, non finiscono qui. Mentre Serra è impegnato a risolvere il mistero che ha sconvolto la piccola comunità bretone, a Roma si verifica un altro episodio increscioso che lo coinvolge, nonostante la distanza. La collega Sara Vittorini, cui ha affidato l’incarico di innaffiare le piante in sua assenza, si reca a casa del capitano in compagnia della sua nuova fiamma Imma. A un certo punto la ragazza va in bagno ma il tempo passa e non accenna a voler uscire.  Di lì a poco, la poliziotta scopre che la ragazza è morta, presumibilmente per overdose.
Solo uno spiacevole incidente o c’è dell’altro? In effetti ben presto si scopre che Imma era coinvolta in un giro di spaccio e che la sua morte non è casuale. Si è trattato di un omicidio e, forse non è una pura coincidenza che il decesso sia avvenuto proprio nell’appartamento di Serra.
Sara comincia a sospettare che qualcuno voglia incastrarlo. Ma chi e perché?
Due sono dunque i casi che animano il nuovo giallo della Mancinelli. Due misteri dislocati nello spazio e molto diversi fra loro, aventi però due elementi in comune: il coinvolgimento di Nicola Serra e l’apparente assenza di un movente.
Solitamente, individuare il motivo per cui un delitto è stato commesso rappresenta il primo passo verso la scoperta della verità. Nell’uno e nell’altro caso, sembra impossibile trovarlo. Tanto la morte e successiva sparizione di zia Annie a Kerarmar, quanto l’omicidio della spacciatrice a Roma, in casa di Nicola paiono azioni prive di logica.
Chiaramente non è così, un disegno preciso è alla base di entrambi gli enigmi e la sfida consisterà proprio nel venirne a capo.
Il romanzo è diviso in due parti che si alternano; parallelamente seguiamo le indagini condotte in Italia e in Bretagna, mentre di tanto in tanto assistiamo a scambi di telefonate fra Sara e Nicola che si aggiornano reciprocamente sull’evolversi degli eventi.
Sebbene profondamente diversi, i casi sono ugualmente intriganti. Da un lato ci immergiamo nelle atmosfere quasi fiabesche della Bretagna, avventurandoci alla scoperta dei segreti che ammantano la piccola comunità di Kerarmar. La storia che pian piano va delineandosi ci trascina indietro nel tempo per raccontarci di violenza, emarginazione e antichi rancori.
Dall’altro respiriamo, invece, le atmosfere più metropolitane di una città, moderna e caotica, che fa in conti con la criminalità organizzata, lo spaccio di droga, ma non meno con la connivenza e la corruzione delle stesse forze dell’ordine. La trappola approntata ai danni di Serra ci farà toccare con mano proprio questo.
L’alternanza di scenari e tematiche rende la lettura movimentata e varia. In sostanza l’autrice ci offre due storie in una che, seppure collegate dal protagonista, potrebbero reggersi anche autonomamente. Entrambe le trame poliziesche sono ben congegnate e ci propongono enigmi di difficile soluzione, sia per l’una che per l’altra l’effetto sorpresa nel finale è garantito.
Decisamente consigliato agli amanti del giallo.







martedì 6 febbraio 2018

Anteprima: I figli del disastro di Dario Degliuomini

Titolo: I Figli del Disastro
Autore: Dario Degliuomini
Editore: Nativi Digitali Edizioni
Data di uscita: 8 febbraio 2018
Genere: Fantascienza distopica/post-apocalittica
Collana: Fantasy
Prezzo: Ebook 3.99€, cartaceo 12€
Formato: ebook (epub, mobi, pdf) e cartaceo su Amazon
Lunghezza: 260 pagine (circa)

Descrizione:
9 dicembre 2013. Il Disastro si abbatte sulla Terra, lasciandosi dietro milioni di morti e nessun colpevole. In seguito, i leader mondiali scelgono di firmare l’Armistizio Totale, che interrompe ogni conflitto per tutto il tempo necessario alla ricostruzione.
Due anni dopo, i destini di tre persone apparentemente comuni si incrociano: Alessandro Altavista, uno studente universitario in piena crisi esistenziale e angosciato per il futuro; Clayton Weaks, un timido impiegato costantemente vessato e umiliato dai suoi superiori, innamorato dei libri e del teatro; Kameyo Ishimori, una brillante liceale in perenne conflitto con il padre, che da lei esige sempre il massimo, al punto da voler prendere tutte le decisioni che la riguardano.
Dentro di loro è racchiuso un potere immenso, che affonda le sue radici nelle origini dell’Universo stesso, in grado di riportare la luce in un mondo ferito o di farlo piombare definitivamente nel caos. Mentre cercano di trovare la strada per la salvezza dell’umanità, la memoria del Disastro continua a incombere sulle loro vite. Qual è la sua causa? Chi lo ha provocato? Nessuno sembra saperlo. O forse sì…

L'autore:
Dario Degliuomini nasce a Milano nel 1987. Gli piace collezionare libri di fantascienza e partecipare ai concorsi letterari, dove puntualmente non vince. I Figli del Disastro è il suo primo romanzo.

lunedì 5 febbraio 2018

Anteprima: L’Oscuro Caso delle Luci di Roccaverde di Claudio Vastano

TITOLO: L’Oscuro Caso delle Luci di Roccaverde
AUTORE: Claudio Vastano
GENERE: Giallo/Umoristico
PAGINE: 218
PREZZO: ebook € 3,99 cartaceo € 14,90
DATA DI USCITA: 2 Febbraio 2018
Disponibile qui

Descrizione:
Casper A. Pestalozzi è un investigatore privato un po’ particolare. Odia i ricchi, veste esclusivamente un trasandato impermeabile nocciola e vive in uno scalcinato appartamento alla periferia di Lucca. È anche in grado di prevedere i cambiamenti del tempo, e il suo solo amico è un ex psicologo che ha come unica prospettiva di vita il suicidio.
La sua ragazza, poi, non perde occasione per coprirlo di vergogna.
Casper A. Pestalozzi, insomma, è un relitto alla deriva.
Ciononostante, quando il dottor Michael Colmer viene misteriosamente ucciso nel suo laboratorio, il piccolo paese di Roccaverde necessiterà del suo talento investigativo. E la morte di Colmer sembra a dir poco inspiegabile: il suo corpo è stato dilaniato da decine di piccoli fulmini globulari verdi. Da dove proviene l’insolito fenomeno luminoso che prende il nome di luce di Roccaverde? Per quale motivo sembra avercela tanto con i ricercatori dell’Istituto di Scienze dello Spazio? E cosa nascondono le viscere della montagna su cui sorge l’ormai dimenticato Castello della Siepe?
Per rispondere a queste domande, Casper Pestalozzi ripercorrerà uno per uno i segreti della silenziosa cittadina, svelando gli enigmi delle luci di Roccaverde e giungendo a un inaspettato confronto finale.

L’autore:
Claudio Vastano è nato e vive a Lucca. Laureato in Scienze Na­turali e in Geologia all’università di Firenze, si divide fra la scrit­tura e la professione di consulente scientifico presso il labo­ratorio di analisi Bio-Gen di Lucca. Prima de L’Oscuro Caso delle Luci di Roccaverde ha pubbli­cato vari libri fra cui i romanzi Ragni, L’Agghiacciante Caso del Gat­to nella Minestra, Il Pozzo delle Tenebre (Dunwich Edizioni) e il saggio scientifico Garfagnana, la valle dei terremoti (Garfagnana editrice).

venerdì 2 febbraio 2018

Anteprima: Il ladro di bambini tristi di Belinda Bauer

In uscita il 15 febbraio

Titolo: Il ladro di bambini tristi
Autrice: Belinda Bauer
Traduttore: Fabio Zucchella
Editore: Marsilio
Pagine: 512
Prezzo: 19,00

Descrizione:
Un nuovo mistero ambientato tra le ombre della brughiera del sud dell’Inghilterra, contea di Somerset.
Nel pieno dell’estate, nelle lande del parco nazionale dell’Exmoor, Jesse, tredici anni, scompare dall’auto del padre. Passano pochi giorni e a Shipcott, minuscolo paesino ai confini del parco, dall’auto del padre scompare anche Pete, nove anni. In entrambi i casi, il misterioso rapitore lascia un messaggio: «Voi non li amate». È solo l’inizio di un nuovo incubo per il poliziotto Jonas Holly e la popolazione di Shipcott. Nessuna traccia, nessuna richiesta di riscatto, e nessuna speranza.

L’autrice:
Belinda Bauer è nata in Inghilterra e ha vissuto in Sudafrica prima di stabilirsi nel Galles, dove oggi vive. Ha lavorato come giornalista e sceneggiatrice per cinema e TV, vincendo
un Bafta Award. Autrice di sette romanzi polizieschi, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, quali il Golden Dagger Award della British Crime Writers’ Association per
il suo esordio e poi per la sua intera opera, e il Theakston Old Peculier crime novel of the year. Con Marsilio ha pubblicato Blacklands (2011) e Negli occhi dell’assassino (2014).