mercoledì 12 luglio 2017

Recensione: Mister Suicidio

Titolo: Mister Suicidio
Autore: Nicole Cushing
Traduzione di Nicola Lombradi
Illustrazione di copertina di Gianpaolo Frizzi
Editore: Independet Legions Publishing
Pagine: 220
Formato: ebook e cartaceo
Data di pubblicazione: 7 luglio 2017
Prezzo ebook: 3,99
Prezzo cartaceo: 16,33
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Descrizione:
Un adolescente, disadattato e problematico, vive rapporti conflittuali con la madre psicotica, il padre inetto, un fratello demente e i coetanei, che al tempo stesso lo deridono e lo temono; e, naturalmente, con Mister Suicidio, la ‘voce’ ambigua e provocatrice che gli parla nella testa e che fa di tutto per convincerlo a togliersi la vita. Come trattenere i propri impulsi, omicidi e autodistruttivi? Una rivista di pornografia estrema e un locale per spettacoli perversi lo inizieranno al Triplice Sentiero, un cammino iniziatico che dovrà concludersi con l’autoannullamento, la non-esistenza, fagocitato dall’inconoscibile Grande Bocca Oscura. Un romanzo duro e conturbante che si è aggiudicato il Premio Bram Stoker Award 2015 come Migliore Opera Prima (Titolo originale: Mr. Suicide).

La recensione di Miriam:
La morte a molti fa paura, ma per qualcuno può essere anche molto seducente. L’impulso di uccidere, gli psicanalisti insegnano, giace represso nel nostro inconscio e non è un caso che l’omicidio sia proibito dalla legge. Nondimeno il suicidio può rappresentare per taluni l’agognata via d’uscita da un’esistenza dolorosa e triste.
Il protagonista di questo romanzo si lascia sedurre da entrambe le prospettive, fino a che la seconda non si afferma con maggior prepotenza nella sua testa, assumendo la concretezza di una voce amica – l’unica su cui possa contare – che lo conforta, lo lusinga, lo sobilla.
Non conosciamo il nome del ragazzo: l’autrice sceglie una particolarissima forma narrativa, adottando la seconda persona. In questo modo ci suggerisce l’idea di un dialogo interiore, un racconto che il giovane fa a se stesso, come nel tentativo di ricordare e rielaborare la sua esperienza, e nello stesso tempo ci fornisce l’illusione di essere proprio noi i destinatari di un lungo monologo, che ci coinvolge e ci riguarda direttamente – a riprova del fatto che nessuno può dirsi davvero immune a certe tentazioni.   
D’altra parte la condizione di “senza nome” rispecchia benissimo l’anonimato e la solitudine in cui il personaggio si trascina. Ingabbiato in una famiglia disfunzionale, in cui germoglia il seme ereditario della follia, questo adolescente fatica a trovare il proprio posto nel mondo e a dare un senso al proprio vivere. Vittima di una madre soffocante che gli inculca la convinzione di essere un incapace; figlio di un padre assente e circondato da fratelli inetti quanto lui, diviene un emarginato anche fuori dalle mura domestiche. I compagni di scuola lo evitano, lo sbeffeggiano e per alcuni versi lo temono, condannandolo a uno stato di totale isolamento.
Inizialmente crede di individuare proprio nella figura materna la causa dei suoi mali: se uccidesse la mamma, eliminerebbe il problema alla radice e potrebbe dare una svolta alla sua vita. Quando incontra Mister Suicidio, tuttavia, comincia a cambiare idea e a convincersi che la giusta soluzione sia un’altra. Mister suicidio è un amico (reale, immaginario?) che sembra conoscere alla perfezione il suo stato d’animo e la natura del suo problema. Certo, sua madre è una piaga ma il vero male è la vita stessa che alle persone deboli e inadeguate come lui non può riservare niente di buono. Darle un taglio sarebbe il solo modo per risparmiarsi ulteriore sofferenza.
Facile a dirsi. Porre in atto un simile proposito è tutt’altra faccenda…
È dunque un tema forte, attualissimo, come quello del suicidio adolescenziale, ad aprire le danze con la nascita di un bizzarro quanto inquietante sodalizio, ma questo non è che l’inizio di un percorso ricco di sorprese. Uno degli aspetti più ammalianti di questo romanzo consiste nelle frequenti e brusche virate che ci riserva la trama. Si comincia a leggere, ci si prefigura una certa evoluzione ma quando si è ormai quasi certi di aver visto giusto, una sterzata scompagina tutto e ci costringe a ripartire da zero. L’impressione che si ha è quella di viaggiare senza bussola in un universo privo di veri punti di riferimento. Una sensazione destabilizzante, che ben rispecchia la condizione psichica del protagonista e al contempo ci tiene in equilibrio su un fil di lama. La Cushing, abile burattinaia, però sa benissimo dove intende condurci, il disegno per noi imperscrutabile è ben chiaro nella sua mente e quando, finalmente, ci concede di coglierlo riesce sul serio a spiazzarci.
È un viaggio fisico, mentale, introspettivo – di formazione anche – quello che, insieme al personaggio chiave, compiamo seguendo la voce di Mister Suicidio. Un viaggio in cui risulta difficile comprendere dove finisce la realtà e comincia l’allucinazione, dove si arresta la sanità mentale e prende il volo la follia, ma le cui tappe si caricano di significati profondi.
Mister Suicidio, quasi un guru perverso, ci spinge alla scoperta del Triplice Sentiero, Depravazione, Derealizzazione, Non esistenza sono le tappe da scoprire e da percorrere per conquistare l’oblio, garantito da una misteriosa divinità: La Grande Bocca Oscura.
Il racconto è a tinte forti, si anima attraverso descrizioni splatter che lasciano ben poco all’immaginazione, vi basti pensare che ad aprire il varco sul cammino iniziatico è una rivista porno estrema le cui immagini sono un vero pugno allo stomaco. Lo stile narrativo è diretto, privo di filtri, tagliente. Chiaramente la violenza che impregna le pagine non è gratuita ma ha un preciso senso e un ruolo ben definito nel contesto che, a un certo punto, si configura come una lente deformante della stessa realtà che ci circonda. Giunti al passo della Derealizzazione ci ritroviamo infatti a indossare delle lenti immaginarie – quasi una versione horror degli occhiali verdi ideati da Frank Baum per cogliere le meraviglie della Città di Smeraldo – che ci aprono gli occhi su un mondo di plastica, un mondo in cui siamo tutti simili a pupazzi, omologati, standardizzati, pilotati dai dettami della moda e della società.  Non vi suona familiare?
In modo crudo e originalissimo, Mister Suicidio ci descrive non solo la follia, ma l’alienazione dalla realtà (che può facilmente essere alimentata dal nostro attuale modello di vita). Ci mostra e ci fa toccare con mano il vuoto che, in alcuni casi, può fagocitare la nostra esistenza ma nello stesso tempo ci spinge in una direzione, che contro ogni aspettativa, non punta al nichilismo bensì sfocia in un sorprendente inno alla vita.






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